Esercizio fisico contro ansia e depressione

Sono Riccardo, collaboro con Studio Icaro e questo sarà il primo articolo con cui mi piacerebbe iniziare a rispondere alla domanda che sento spesso: “cosa ci fa un fisioterapista in uno studio di psicologia?”

Ecco, come detto nel titolo oggi capiamo come lo sport possa essere utile per migliorare la salute psicofisica in alcune categorie di pazienti e come la mia figura diventa importante per riaccompagnare le persone a stare meglio tramite l’esercizio, ad esempio.

Sappiamo, che l'attività fisica restituisce una sensazione immediata di benessere, ci fa stare bene e ci migliora la giornata. Una corsetta all’aria aperta, la lezione di yoga o anche sollevare pesi in palestra spesso sono un toccasana prima o dopo una giornata di lavoro o studio.

Da qui a considerare lo sport una "cura", soprattutto per disturbi del tono dell'umore seri come la depressione maggiore di acqua sotto i ponti ne passa tanta. Eppure, è proprio questa la proposta che arriva dagli ultimi studi.

In base a diversi lavori, come quello di Singh et al, pubblicato nel 2023 sul British Journal of Sports Medicine (BJSM), il più importante giornale al mondo di medicina sportiva, e di Noetel e il suo gruppo, pubblicato sul BMJ nel 2024, i benefici di un corpo in movimento su un cervello colpito da depressione sono tali, che lo sport andrebbe proposto come parte del trattamento a questi pazienti.

Attualmente l'esercizio fisico in Italia spesso non è considerato all’interno di un percorso terapeutico, ma visti i risultati potrebbe essere un'ottima aggiunta ad approcci più standard come la psicoterapia e i trattamenti con antidepressivi come suggeriscono le più avanzate linee guida internazionali come quelle americane o australiane.

Gli effetti positivi dell'esercizio fisico sui sintomi depressivi sono stati definiti dagli autori "significativi".

Al momento sono stati presi però in considerazione solo pazienti motivati ad allenarsi e in buona salute fisica; quindi, in realtà è stata esclusa una grossa fetta di pazienti affetti da depressione, che spesso soffrono di stanchezza, facile affaticabilità, disturbi del sonno e dell’appetito, oltre alla perdita d’interesse per le attività della vita quotidiana che renderebbero quindi difficile l’inizio di un percorso di recupero sfruttando l’attività fisica.

Quello che abbiamo capito però, è che il beneficio c’è ed è importante, che è direttamente correlato a quanto sport si pratica e soprattutto, anche se ogni tipo di esercizio fisico ha dimostrato di avere dei benefici, sui sintomi depressivi sembrano agire in modo più efficace l'attività aerobica, in particolare il jogging e la corsa, e gli allenamenti di rinforzo muscolare.

Ed ecco qui che diventa importante imparare a collaborare tra noi professionisti sanitari e un fisioterapista esperto in running e riabilitazione sportiva, può diventare utile nell’ambito della salute mentale.

Alcuni autori, ipotizzano un quadro combinato di fattori causali che potrebbero spiegare tali effetti benefici sui sintomi depressivi: tra questi vengono citati l’aumento delle interazioni sociali legate a tali attività (in particolare quelle di gruppo), l’aumento dell’autoefficacia, la pratica di attività di mindfulness e meditative connesse ad alcune tipologie di attività (es. yoga, tai chi, qigong) e il cambiamento di meccanismi neurobiologici connessi alla pratica regolare di esercizio fisico.

Secondo noi di Studio Icaro, nuovi approcci terapeutici basate sulle più recenti evidenze scientifiche, anche se all’apparenza poco ortodossi, possono aiutare un gran numero di pazienti, inclusi coloro che per varie ragioni non traggono beneficio sufficiente alla psicoterapia o dalle terapie farmacologiche.

Spesso si riesce inoltre a velocizzare i percorsi terapeutici, diminuire il costo per il paziente e renderlo maggiormente autonomo nella gestione della propria patologia e delle ricadute.

Non dimentichiamo che non sempre l’unico modo per lavorare sulle proprie emozioni e comunicarle è l’uso della parola, a volte si possono sfruttare altri canali, come il fisico o le arti.

Non dimentichiamo inoltre, ed ecco che esce il mio spirito da fisioterapista, che fare sport fa bene anche al fisico e previene patologie e infortuni…e come abbiamo visto ci rende felici!

Dott. Riccardo Polenghi


Aiutare i bambini a regolare le emozioni

I bambini non sempre riescono a comprendere e a gestire quello che sentono nel corpo, nel cuore e nella testa e si genera in loro una confusione emotiva; possiamo immaginare come se dentro di noi ci fosse un termometro collegato a cuore, corpo e cervello, capace di regolare la temperatura emotiva, aumentandola o diminuendola a seconda delle necessità. A volte il termometro interno va fuori uso e non riesce a regolare la temperatura, è il caso, per esempio, di bambini in preda a crisi di rabbia che diventano aggressivi e che rischiano di fare o di farsi male, oppure così tristi da manifestare crisi di pianto difficili da contenere.

Nella zona verde del termometro le emozioni, le sensazioni del corpo e i pensieri sono in uno stato di regolazione; un bambino che si trova in questa zona è in grado di regolare le proprie emozioni mantenendole entro un livello gestibile, è in grado di pensare, riflettere e prendere decisioni in modo adeguato e funzionale.

Nella zona rossa ci si trova invece in uno stato di iper-attivazione, cioè “tutto troppo”: in questo caso la mente del bambino viene sopraffatta dal caos, sono possibili reazioni discontrollate, con una certa difficoltà nel tornare allo stato di calma.

Al contrario, nella zona blu ci si trova in uno stato di ipo-attivazione cioè “troppo poco”: quando si trova in questa condizione il bambino tenderà a ritirarsi, a chiudersi emotivamente, a mostrare eccessiva rigidità e a rendersi meno disponibile alla relazione.

In tutti questi casi gli adulti dovrebbero fungere da manutentori del termometro dei bambini fornendo loro strategie che possano aiutarli a far funzionare in modo adeguato il proprio termometro interno diventando sempre più emotivamente competenti.

Per raggiungere questo obiettivo e favorire la permanenza del bambino nella zona verde, si può immaginare una strada con quattro tappe:

  • Saper accogliere le emozioni: talvolta, grandi e piccoli, fanno fatica ad accogliere le emozioni meno piacevoli, come rabbia e tristezza, perché magari gli fanno provare nel corpo sensazioni troppo intense oppure perché hanno imparato che è meglio non esprime quell’emozione. Il bambino può percepire che proprio quell’emozione produce fastidio a sé o a chi sta con lui perché non è il momento giusto, o il momento migliore, o quello che l’altro si aspetta. 
  • Saper riconoscere le emozioni:
  • Conoscere in teoria. È importante che nella quotidianità l’adulto racconti cosa lo ha reso felice, cosa lo ha stupito o cosa lo ha fatto arrabbiare in quella giornata. In questo modo si offre ai bambini un’occasione non solo per comprendere cosa siano le emozioni, come si chiamano e come le provano mamma e papà, ma anche quanto possa essere bello parlarne insieme.
  • Conoscere in pratica. Aiutare il bambino a comprendere cosa gli succede quando prova le diverse emozioni: i segnali del corpo, i pensieri e il comportamento che ne segue. Ad esempio, si potrebbe sostituire la domanda “cosa avete fatto oggi a scuola?” con domande più specifiche come “ti è capitato di arrabbiarti oggi?” o “c’è stato qualcosa che ti ha reso felice?” e provare a fargli ricordare cosa gli è successo proprio in quel momento nel corpo e nella mente. 
  • Saper riconoscere in me e negli altri l’emozione. Se ho fatto esperienza che quella emozione in me si manifesta attraverso questi segnali e questa esperienza si è ripetuta più volte, diventerà sempre più semplice e automatico attribuirle il giusto significato; questo mi aiuterà anche a capire e a riconoscere negli altri le emozioni che provano.
  • Saper nominare: saper riconoscere i componenti dell’emozione nel corpo e nella mente, riconoscerla e darle un nome significa farne esperienza personale e renderla comunicabile. Significa anche poter esprimere quello che accade dentro e, nel caso ce ne fosse bisogno, cercare aiuto.
  • Saper regolare le emozioni: in generale, le reazioni che rientrano nella zona rossa del termometro sono più facilmente visibili perché solitamente mettono l’adulto di fronte a comportamenti difficili da gestire; al contrario, reazioni che rientrano nella zona blu possono essere scambiate per stanchezza, malessere o reazioni passeggere. È importante che gli adulti prestino attenzione ai segnali dei bambini, li aiutino a riconoscere e verbalizzare quello che sentono dentro di loro e trovino, insieme ai piccoli, delle strategie funzionali alla loro regolazione emotiva e comportamentale.

Dott.ssa Aurora Locatelli


È davvero necessario il Pride?

Quando parliamo di Pride ci riferiamo ad una manifestazione nata per celebrare l’orgoglio delle persone LGBTQIA+. I primi Pride si sono svolti a New York, Chicago e Los Angeles nel 1970 ed avevano lo scopo di commemorare i moti di Stonewall del giugno 1969. I moti di Stonewall sono stati una serie di scontri violenti tra la polizia e i membri della comunità LGBTQIA+ a seguito di una retata in un bar frequentato da persone appartenenti alla comunità. Nel corso degli anni sono aumentati sempre di più e ormai il Pride ha preso piede anche in Italia e tantissime città italiane organizzano un Pride ogni anno nel mese di giugno. Questa manifestazione ha numerosi scopi alcuni dei quali sono:

  1. Il Pride è uno strumento che ha la necessità di promuovere e sostenere i diritti civili e l'uguaglianza di tutte le persone e nello specifico delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+. Questo è necessario, perché ancora, in numerose parti del mondo, vengono agite discriminazioni, violenze e disuguaglianze sociali, lavorative e legali verso di loro.
  2. Il Pride offre un modo per aumentare la visibilità delle persone LGBTQIA+, aiutando a rompere gli stereotipi e a promuovere l'accettazione sociale. La visibilità è cruciale per il riconoscimento delle identità diverse.
  3. Il Pride è anche una celebrazione della diversità e della libertà di essere se stessi. È un momento per celebrare i progressi fatti e per riconoscere le sfide ancora da affrontare.
  4. Gli eventi del Pride sono pensati anche per sensibilizzare tutte le persone sui temi LGBTQIA+, fornendo informazioni e risorse.
  5. Il Pride offre uno spazio di supporto e di comunità per le persone LGBTQIA+, creando un ambiente di solidarietà e appartenenza.

In conclusione, il Pride uno strumento utile che possiamo utilizzare per promuovere l’uguaglianza sociale e i diritti fondamentali di ogni persona. Celebra le differenze individuali e permette di utilizzarle come risorse per potenziare la nostra individualità. Il fine ultimo è poter essere noi stessi/e in un mondo libero da pregiudizi e giudizi.

Dott.ssa Andrea Paganotto


Che cos’è la mindfulness

Che cos’è la mindfulness e perché è importante applicarla mentre mangiamo

Quando parliamo di mindfulness intendiamo una consapevolezza non giudicante del momento presente. È, quindi, un atto intenzionale, in quanto la nostra consapevolezza è intenzionale: sposto l’attenzione in modo consapevole su qualcosa. Non giudicante perché il nostro cervello è impostato per categorizzare il mondo con l’obiettivo di facilitarci. La non consapevolezza, ossia il processo di economizzare relativo all’etichettamento, non ci fa vedere le sfumature ma mette l’attenzione sull’insieme. Perciò può capitare che a volte abbiamo questo assioma di pensiero: tutto ciò che è diverso da me, dai miei gusti, dai miei ideali, è orribile, tutto ciò che è simile a me allora è fantastico. Per lo stesso motivo, ad esempio, quando ci chiedono come sono andate le vacanze rispondiamo semplicemente “Bene!”. Se cominciamo a notare le cose in maniera più dettagliata, ci possiamo rendere conto che, anche nel tutto bene, c’è qualcosa di non fantastico e viceversa. Il nostro cervello ricorda i solidi, il bianco e nero, non ricorda le sfumature, impiegherebbe troppe risorse e andrebbe in sovraffollamento e blackout. Perciò, “Come è andata? Bene!” Questa è semplificazione. È “Non giudicante” anche perché impariamo a non dare etichette nel momento presente.

La nostra alimentazione a volte è legata ad un nostro stato emotivo, al come ci sentiamo. Immagino che sia capitato a tutti, almeno una volta nella vita, che, quando ci sentiamo particolarmente giù di morale, puntiamo a consolarci con un dolcetto, o se abbiamo raggiunto un traguardo festeggiamo con il nostro piatto preferito, o ancora se siamo annoiati sgranocchiamo qualcosa per far passare il tempo. Non c’è nulla di male in questo. Ma, se fatto abitualmente, potrebbe incorrere in un’alimentazione non più “per fame” ma emotiva. E quindi, se siamo tristi, non mangeremo più un solo dolcetto ma, magari, mezza confezione di biscotti. Questo succede quando ci identifichiamo totalmente con l’emozione che proviamo e non riusciamo a porre una distinzione tra il “noi” e “il nostro pensiero che ci provoca l’emozione”.

Il passo che dobbiamo provare a fare per uscire da questo circolo è riconoscere il pensiero e l’emozione che stiamo vivendo e prenderne consapevolezza. Prendendo consapevolezza, ci sarà più semplice accettare l’emozione e agire nella maniera più funzionale per gestirla.

In questo modo, la nostra alimentazione non sarà più impulsiva, ma sarà più consapevole e andiamo ad applicare quella che viene definita mindfuleating, ossia essere presenti a sé stessi, momento per momento, anche mentre si mangia, non essere distratti da pensieri ed emozioni, con un atteggiamento mentale pacifico ed equilibrato e una maggiore consapevolezza e attenzione al proprio senso di fame e di sazietà.. Questa pratica rientra fra le tecniche per la gestione dei DAN e dei DCA.

 

Dott.ssa Giulia Colombo
Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica


Vivere con il Disturbo Borderline di Personalità

Come la Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT) può offrire una via verso la Guarigione

Il Disturbo Borderline di Personalità (DBP) è una condizione complessa che influisce profondamente sulla vita quotidiana di coloro che ne sono affetti. Caratterizzato da instabilità emotiva, relazionale e comportamentale, il DBP può rendere estremamente difficile per le persone condurre una vita equilibrata e soddisfacente. Tuttavia, c'è speranza di tornare a volare. La Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT) offre un approccio terapeutico efficace per gestire e trattare il DBP, aprendo la strada verso la guarigione e la stabilità emotiva.

Cos'è il Disturbo Borderline di Personalità:

Il Disturbo Borderline di Personalità è una condizione mentale caratterizzata da un modello persistente di instabilità nelle relazioni interpersonali, nell'immagine di sé e nei sentimenti, e da una marcata impulsività. Le persone con DBP spesso lottano con un senso di vuoto interiore, paura dell'abbandono, rabbia intensa e scatti emotivi improvvisi. Questi sintomi possono portare a comportamenti distruttivi, come l'autolesionismo, i comportamenti impulsivi e i tentativi di suicidio.

La Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT):

La DBT è stata sviluppata originariamente da Marsha Linehan per trattare il DBP, ma si è dimostrata efficace anche per altre condizioni, come il disturbo da alimentazione incontrollata (BED) e il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). La DBT combina strategie di terapia comportamentale, cognitiva e orientata alla mindfulness per aiutare le persone a gestire le loro emozioni intense e a sviluppare abilità di regolazione emotiva e interpersonale.

Componenti chiave della DBT includono:

  • Mindfulness: Insegna ai pazienti a essere consapevoli del momento presente, accettando le proprie emozioni e pensieri senza giudizio.
  • Regolazione Emotiva: Fornisce strategie per identificare e regolare le emozioni intense in modo sano e costruttivo.
  • Tolleranza al Distress: Insegna abilità per sopportare il disagio emotivo senza ricorrere a comportamenti dannosi.
  • Abilità Interpersonali: Aiuta a migliorare le relazioni interpersonali, comunicazione efficace e risoluzione dei conflitti.
Benefici della DBT per il Disturbo Borderline di Personalità:

La DBT offre una serie di benefici significativi per coloro che vivono con il DBP:

  • Riduzione dei Comportamenti Distruttivi: Aiuta a ridurre comportamenti impulsivi, autolesionismo e tentativi di suicidio.
  • Miglioramento della Qualità della Vita: Favorisce una maggiore stabilità emotiva e relazionale, consentendo una migliore qualità della vita.
  • Incremento delle Abilità di Regolazione Emotiva: Insegna abilità pratiche per gestire emozioni intense in modo sano e costruttivo.
  • Promozione della Consapevolezza di Sé: Favorisce una maggiore consapevolezza di sé e una comprensione più profonda dei propri modelli di pensiero e comportamento.

Il Disturbo Borderline di Personalità può rappresentare una sfida significativa, ma non è una condanna definitiva. La Terapia Dialettico-Comportamentale offre una via verso la guarigione e la stabilità emotiva per coloro che vivono con il DBP. Attraverso l'apprendimento di abilità di regolazione emotiva, mindfulness e competenze interpersonali, le persone con DBP possono intraprendere un percorso verso una vita più equilibrata e appagante. Se tu o qualcuno che conosci sta lottando con il DBP, considera la possibilità di consultare un professionista qualificato per esplorare le opzioni di trattamento, tra cui la DBT.

 

Dott.ssa Silvia Ruggiero

Psicologa e Psicoterapeuta Specializzata in DBT


La “diet culture”

La diet culture” è un’espressione inglese che significa “cultura della dieta”.

Se ci fermassimo a comprendere l’etimologia delle due parole, il risultato sarebbe però totalmente diverso:

  • Diet: dieta, [dal lat. diaeta, gr. δίαιτα “modo di vivere]. Nell’antica medicina greca, il complesso delle norme di vita (alimentazione, attività fisica, riposo, ecc.) atte a mantenere lo stato di salute; oggi, con un significato più limitato, alimentazione quantitativamente e qualitativamente definita, rivolta a conseguire scopi terapeutici o preventivi.
  • Culture: cultura [dal lat.cultura, der di colĕre “coltivare”. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza.

Se tornassimo al significato originale quindi, ragionando su queste due parole, sarebbe come dire “Aver acquisito esperienza nel modo di vivere” o qualcosa di simile. Quello che è certo è che nel corso del tempo il significato di “dieta” è cambiato radicalmente. Ad oggi la “cultura della dieta” è un insieme di regole e credenze riguardo a comportamenti e stili di vita ritenuti salutari e che in realtà non lo sono.

In questo sistema la magrezza e un certo standard corporeo assumono un valore morale e sono associati al concetto di salute, successo, realizzazione e bellezza. Le persone magre sono considerate più belle, più vincenti e di successo, più meritevoli. Questo porta all’obiettivo costante di stare nella “taglia giusta”, la dieta assume la funzione di mezzo fondamentale per raggiungere la “felicità”. Il rischio è che chi non ha un corpo che risponde ai canoni estetici può essere discriminato e spesso additato come “pigro” e “incostante” perché non riesce a seguire le regole rigide che lo porterebbero ad entrare in una taglia più piccola. Questo può portare alla grassofobia, (o fat shaming), quell’insieme di comportamenti, pregiudizi e parole discriminatori nei confronti delle persone sovrappeso e obese.

Il cibo viene diviso in categorie e assume un valore differente. Non si pone più attenzione alla funzione nutritiva e all’ appagamento e sazietà ma l’assunzione di un cibo non concesso – “sgarro” – porta a forti sensi di colpa. Anche lo sport assume un ruolo diverso, diventa un mezzo per mantenere o raggiungere uno standard, perdendo il suo valore di socialità o di strumento per il benessere fisico.

I principi della diet culture

Internet e tutto il mondo dei social è pieno di consigli per perdere peso, per migliorare il proprio fisico, dove sono presenti espressioni come “senza sensi di colpa”, “senza sforzo” e “diete detox”.

Soprattutto in prossimità delle feste, la magica parola “detox” ci viene proposta per qualsiasi cosa e anche qui sarebbe utile partire dall’etimologia della parola:

  • Detox: deriva dall’inglese, significa detossinare ed è l’abbreviazione di detoxicant ‘disintossicante’.

La vera domanda è: “da cosa dobbiamo disintossicarci?”. In condizioni fisiologiche il nostro corpo è già predisposto all’eliminazione di sostanze tossiche e di scarto, grazie a organi come fegato e reni, e non ci servono miracolosi bibitoni o particolari diete. Oltre al concetto di “detox”, anche quello di “sgarro” è dannoso. Questo porta il cibo a essere ridotto a semplici calorie ed essere svuotato del suo valore nutritivo, oltre che quello affettivo e conviviale. Alimenta inoltre il concetto per cui esistano dei “cibi proibiti” piuttosto che creare una reale consapevolezza ed educazione alimentare. Un’altra nozione che ci portiamo dietro da anni e che spunta fuori in prossimità dell’estate è la “prova costume”. Il web, anche per questo, si scatena alla ricerca del metodo miracoloso per cercare di preparare esteticamente il fisico. Tutto questo sempre per rientrare nei famosi canoni della società o per il desiderio di essere simile a qualche personaggio noto che ci appare “perfetto” dalle foto, ma che con tutta probabilità non lo è. Ciò che realmente viene danneggiato, inconsciamente e non, siamo noi, la nostra mente e il nostro corpo. Non esistono spiagge e luoghi vietati a nessun tipo di costume, a nessun tipo di corpo e a nessun tipo di persona.

Gli Effetti Nocivi Della Cultura Della Dieta

La cultura della dieta può determinare diversi esiti negativi per le persone, tra cui una minore autostima, una concezione scorretta del cibo e dell’attività fisica e una peggiore salute mentale. Le persone che condividono la cultura della dieta possono seguire abitudini alimentari dannose, come ad esempio consumare solo cibi a basso contenuto calorico anziché seguire una dieta equilibrata e nutriente.

Secondo la National Eating Disorders Association (NEDA), il pregiudizio sul peso può aumentare l’insoddisfazione del corpo e quindi il rischio di sviluppare un disturbo alimentare.

Oltre a mettere a repentaglio la salute fisica e mentale, la cultura della dieta può anche contribuire alla diffusione di informazioni imprecise o errate sull’alimentazione e sulla salute. Gli influencer dei social media hanno spesso come obiettivo principale la vendita di un prodotto anziché educare il proprio pubblico e spesso non possiedono le qualifiche o le credenziali che potrebbero aiutarli a fornire informazioni sulla salute più accurate e responsabilizzanti.

I risultati di uno studio trasversale condotto nel Regno Unito suggeriscono che la cultura della dieta potrebbe avere un impatto sempre più grave prevalentemente sugli adolescenti.

La cultura della dieta in pochi punti

Prima di salutarci ti propongo una sintesi, una sorta di identikit, della diet culture. È un sistema di credenze che:

  • Idealizza la  magrezza,  la  identifica  con  la  salute  e  la  promuove come valore individuale e sociale, il che comporta valutarsi come diversi o irreparabilmente sbagliati se non si corrisponde a quell’irraggiungibile ideale.
  • Promuove la perdita di peso, indipendentemente dal costo per la persona in termini di salute mentale e fisica. Di conseguenza ti fa sentire obbligata/o a spendere una grande quantità di tempo, energia e denaro nel tentativo di modificare il tuo corpo.
  • Demonizza alcuni modi di mangiare mentre ne eleva altri portandoti ad essere ipervigile sul cibo che mangi, e a svalutarti o vergognarti quando fai determinate scelte alimentari.
  • Promette senza mantenere, l’illusione una vita felice e piena di soddisfazioni “semplicemente” grazie ad un corpo “conforme”.
  • È ovunque in modi più espliciti e in altri impliciti e
  • Genera un grosso business, un vero e proprio mercato della
Come si combatte la cultura della dieta

Come ci si libera da un modello così pervasivo? In che modo possiamo sradicare modi di pensare che riguardano gran parte della nostra società? Partendo da te stessa/o!

  • Informati su come funziona il tuo corpo, di cosa ha bisogno e di come cambiano le sue necessità nel tempo.
  • Impara a mangiare più consapevolmente, facendo attenzione anche alle qualità sensoriali del cibo e alle sensazioni che procura.
  • Considera il cibo anche per gli aspetti conviviali ed emotivi che contribuiscono al tuo
  • Impara a identificare i messaggi nascosti della cultura della dieta nelle pubblicità, negli articoli, in film e serie tv.
  • Fai lo stesso con i tuoi pregiudizi e stereotipi relativi a “magro” e “grasso”.
  • Evita di lodare una persona perchè ha perso peso o di commentare se è
  • Smetti di legare la possibilità di apprezzare come sei fatta/o a parametri come taglia e peso. Sposta il focus da ciò che deve cambiare a ciò che può aiutarti a farti sentire meglio con te stessa/o.
  • Praticare sport è importante, perchè può fare molto bene e mantiene la salute, ma non è un obbligo Se non fai sport non sei da meno rispetto a chi si allena con costanza.
  • Se non riesci ad accettare il tuo aspetto, non ti ami e pensi che così come sei non potrai mai piacere agli altri, il tuo problema potrebbe essere di tipo psicologico. Parlane con un esperto.
  • Se il peso è un problema, non affidarti al “fai da te”, ma cerca uno specialista che possa guidarti.